Palermo 4 marzo 2025 – Si è svolta oggi l’Assemblea generale della Cgil Palermo al San Paolo Palace Hotel per lanciare la campagna referendaria sui quesiti su lavoro e cittadinanza. L’incontro, che ha visto la partecipazione di centinaia di delegate e delegati di Palermo e provincia, delle camere del lavoro zonali e di tante associazioni, è servito per spiegare il contenuto dei cinque quesiti e le ragioni della battaglia referendaria “che ci permettono di parlare a tutte e tutti, e non solo tra di noi”.
Ad aprire la riunione delle delegate e dei delegati di tutte le categorie, il segretario generale della Cgil di Palermo Mario Ridulfo, che ha lanciato innazitutto alla platea l’appello al voto spiegando l’importanza del referendum che rimette al centro valori come quelli della dignità, della tutela, della sicurezza, della cittadinanza. L’assemblea è stata conclusa dall’intervento del segretario generale Cgil Sicilia Alfio Mannino. Al microfono si sono alternati anche esponenti dell’Anpi, dell’Arci, dell’Udu, delle Acli, del Forum Sanità Pubblica Palermo, della Rete per la difesa e l’attuazione della Costituzione, Rete degli studenti medi,
In tante soprattutto le delegate e i più giovani, l’intervento della lavoratrice migrante, hanno denunciato condizioni di sfruttamento e di precarietà da Maria Grazia Anello, pescatrice, che ha parlato delle difficoltà per una donna di conquistare spazio nel settore della pesca, a Jessica Sambrunone, dei servizi del pulimento all’azienda ospedaliera Villa Sofia, “impiegati oggi considerati i reietti, i dimenticati della società”, a Valentina Muratore, lavoratrice precaria dell’ufficio del processo, “siamo di serie b, siamo i ragazzi del processo”, ad Alessandra Sorrentino, lavoratrice precaria dei call denter “lavoratrice stabilizzata e povera, part time involontaria, che rinuncia al giorno di malattia per non perdere i buoni pasto”, ad Assie Alloh Dorgeles e tanti altri. Rendendo tangibili gli argomenti al centro dei cinque quesiti, e le libertà che i referendum abrogativi ripristinano.
“Dobbiamo parlare con gli altri, parlare, ascoltare i loro problemi, parlare dei loro diritti, della loro qualità del lavoro e della vita. Perché sono le persone, che decideranno in ultimo se andare a votare, che possono decidere del futuro di questo Paese – ha detto Mario Ridulfo – E’ necessario lanciare dopo questa giornata un’iniziativa aperta coinvolgendo tutte le associazioni con cui abbiamo costituito il comitato dei 5 sì e il resto della città. Con movimenti associazioni e partiti che ci staranno faremo rete per parlare con il resto della città. Conquistare un voto alla volta, partendo dal basso, parlando alle persone con umiltà”.
“Il referendum è un voto che libera e non delega agli altri – ha aggiunto Ridulfo- è un esercizio diretto di democrazia che determina un risultato immediatamente misurabile, preciso sia sul lavoro, che sulla cittadinanza. Già dall’indomani del voto 2,5 mln di persone diventano cittadini italiani, con diritti e doveri. E così, allo stesso modo, lavoratrici e lavoratori, assunti dopo il 2015 – circa 4 milioni di persone – ottengono la tutela della reintegra nel caso di licenziamento illegittimo”.
Ridulfo ha parlato di un contesto storico preoccupante a livello mondiali, col progressivo cambiamento del modello di democrazia: un’involuzione di forza nei rapporti tra il capitale e il lavoro che relega le persone nella marginalità.
“Siamo in un cambio di paradigma: mentre prima i lavoratori scendevano in piazza per chiedere l’applicazione della legge, adesso dobbiamo scendere in piazza per chiedere di non applicare le leggi sul lavoro, perché negli ultimi decenni le leggi sul lavoro, varate in questo Paese, hanno prodotto perdita di diritti. Per noi tutti invece la democrazia vive di partecipazione e muore quando i cittadini si ritirano nella apatia e nella rassegnazione”.
“I referendum – ha aggiunto Ridulfo – ci danno la possibilità di rimettere al centro della vita politica e sociale del Paese temi che spesso sono stati rappresentati contrapposti o che altri vorrebbero che fossero contrapposti, cioè: i diritti sociali e i diritti civili. Invece questa è una unica grande battaglia che unisce lavoro e cittadinanza. I referendum non solo possono ripristinare una parte dei diritti perduti, ma possono ripristinare in questo paese anche una cultura del lavoro che rimette al centro le persone e non il capitale e la finanza. Il referendum è lo strumento di democrazia diretta, che restituisce ad ognuno la possibilità di decidere. Il quorum e la vittoria dei cinque SI, può restituire a questo paese una prospettiva nuova, di rilancio dei diritti delle persone che lavorano e dei diritti della persona umana”.
A conclusione, l’intervento del segretario generale Cgil Sicilia Alfio Mannino.
”Oggi abbiamo ascoltato tanti giovani e tante donne che vivono sulla propria pelle la condizione di lavoro precario – ha detto il segretario generale Cgil Sicilia Alfio Mannino , concludendo l’assemblea generale delle assemblee della Cgil Palermo oggi al San Paolo Palace – Sono le prime vittime di una società frantumata. Il senso della nostra proposta, della battaglia per i referendum, è quella di ricucire questo paese dal punto di vista della differenze di genere, del lavoro giovanile, della sicurezza, per rendere la gente libera dallo sfruttamento, libera da una condizione di precariato, libera di avere un lavoro dignitoso e sicuro”.
”Dentro questa battaglia – ha aggiunto Mannino- c’è l’idea di un paese che deve rimettere al centro il lavoro, che vuole contrastare le disuguaglianze e ridare un’idea alta al lavoro, che prima era sinonimo di libertà e di nobiltà e che oggi è condizione di sofferenza personale e familiare. La sfida che mettiamo in campo prova a ricucire sapendo che non sarà un’impresa facile. Abbiamo necessità di recuperare all’impegno i soggetti e quei ceti per primi sfregiati da questa situazione, gli emarginati che vivono una condizione di rassegnazione”.
”Questa battaglia – ha proseguito – non sarà facile. Abbiamo bisogno di costruire un percorso per stare innanzitutto nei luoghi della sofferenza , per parlare con gli ultimi, con chi rietiene che gli strumenti democratici a disposizione non siano utili a cambiare la condizione di vita. Sapendo che questa sfida parla innanzitutto alla Sicilia e al Mezzogiorno, dove abbiamo maggiore condizione di sfruttamento e precarietà e dove il lavoro che c’è è spesso umiliato. Siamo il territorio che paga le conseguenze maggiori delle scelte nefaste del Paese, i tagli al Pnrr, ai fondi di sviluppo e coesione. Il Pnrr doveva contrastare i divario nel Paese. E invece sul piano concreto siamo lontanissimi dal 40 per cento di fondi destinati.