L’economia della Sicilia cresce troppo poco, non produce lavoro e se lo crea è precario. Il reddito medio famigliare è tra i più bassi d’Italia, notevolmente al di sotto della media nazionale. L’unica voce in crescita riguarda la disparità tra (sempre più) ricchi e (sempre più) poveri. Sono alcuni degli elementi che emergono dal rapporto della Fondazione Res, CongiunturaRes, presentato il 16 febbraio a Palermo.
“L’ultimo rapporto della Fondazione Res sull’economia siciliana conferma la gravità della situazione e rende ancora più evidente il fatto che il lavoro e il suo incremento dovranno essere le priorità della prossima legislatura, per innescare un circuito virtuoso che porti alla crescita dei consumi e quindi del Pil”. Questo il commento del segretario generale della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro. “E’ chiaro – osserva Pagliaro – che tassi di crescita così bassi non risolvono i gravi problemi economici e sociali della nostra regione. Permane il gap relativamente al tasso di occupazione col resto d’Italia, 17,5 punti percentuali che per la Sicilia significherebbero 500 mila posti di lavoro in più; cresce la povertà assoluta, con 900 mila famiglie in questa soglia”.
“Allora è proprio dal lavoro – sottolinea il segretario della Cgil – che occorre ripartire e questo significa intervenire sugli investimenti e sulla spesa pubblica, contribuendo al rilancio dei consumi e invertendo dunque questa forte fase di crisi della domanda aggregata”. Pagliaro osserva che “oggi assistiamo a una ripresa degli investimenti troppo lenta malgrado le risorse europee e per tornare alla situazione pre crisi con una crescita del 2% l’anno ci vorrebbero almeno trent’anni”.
Dal rapporto CongiunturaRes emerge che l’economia siciliana mantiene un passo di crescita troppo lento per poter ridurre significativamente la disoccupazione. Dopo l’aumento del Pil regionale nel 2015 di +2,1%, le nuove stime Res prevedono un margine più modesto ma ancora positivo per il 2016 (+1,3%) e per il 2017 (+1%). La lentezza della crescita si riflette sulla debolezza del tessuto produttivo dell’Isola, in calo dal 2007 al 2014, e sulla creazione di posti di lavoro: La disoccupazione scende ma di poco, passando dal 21,4% del 2015 al 21,2% del 2016 e dovrebbe attestarsi al 20,9% nel 2017. Dato tra i peggiori in Italia.
“La crescita debole non produce lavoro e quando lo fa spesso è precario”, rileva il rapporto. In Sicilia il panorama delle assunzioni formali nel 2016 vede una diminuzione dei contratti a tempo indeterminato del 27,2% e una ripresa dei contratti a termine del 7,7% (categoria prevalente con il 60% circa delle nuove assunzioni). In aumento i contratti in apprendistato (+88,4%), a volumi decisamente più modesti. In tema di precariato va sottolineato il ruolo dei voucher che si sono rivelati, soprattutto in Sicilia, un veicolo di diffusione di forme di lavoro irregolare. Nel 2016, in Italia, sono stati venduti 133,8 milioni di voucher (fonte: Inps) del valore nominale di 10 euro, con un incremento, rispetto al 2015, del 23,9%. In Sicilia l’aumento è stato del 31,6%, con oltre 3,4 milioni di voucher venduti.
L’incidenza della povertà risulta in aumento anche fra le persone dotate di un titolo di studio, anche di livello superiore, segnale di una crescente difficoltà a trovare una posizione lavorativa e una remunerazione sufficiente per un dignitoso standard di vita. Aumenta anche la distanza fra i redditi. Il reddito medio familiare (21.800 euro) e quello mediano (17.900 mila euro) sono i più bassi a livello nazionale, 29% al di sotto la media, e il 50% delle famiglie in Sicilia vive con meno di 1500 euro al mese. L’indice di diseguaglianza dei redditi, dato dal rapporto fra le somme percepite dal 20% superiore della popolazione e i redditi ricevuti dal 20% inferiore, agli estremi della distribuzione, è salito in Sicilia fra il 2008 e il 2015 da 5,7 a 8,3. L’ammontare dei redditi dei più ricchi è oltre otto volte superiore a quello dei più poveri.
La Cgil – commentando il dati del rapporto – segnala con preoccupazione anche l’invecchiamento della popolazione e le proiezioni relative. “Se a fronte di 100 giovani under 14 si hanno oggi 137 over 65, le proiezioni Istat ci dicono che nel 2065 gli over 65 saranno 290. L’invecchiamento demografico aggiunto alla desertificazione produttiva – conclude Pagliaro.- ci consegna dunque un quadro preoccupante sul futuro della Sicilia. Ecco perché occorre intervenire tempestivamente per invertire la rotta”.